Nutraceutica per i bovini: una svolta per prevenire le malattie e aumentare la produzione?

In Europa è già diffusa, ma in Italia stenta a decollare,
colpa anche di costi più elevati.

La Fiera Internazionale del Bovino da Latte (Cremona, 25-28 ottobre
2012), osservatorio privilegiato su tutto il settore e sempre attenta alle
innovazioni, ne ha parlato con Paolo Fantinati, medico veterinario e
nutrizionista.
E gli allevatori di tutta Europa si preparano ad incontrarsi a Cremona in
occasione di quello che è ormai uno degli appuntamenti principali per la
zootecnia mondiale.

Cremona, 22 agosto 2012 – Il termine è stato coniato non più tardi di 33
anni fa da Stephen De Felice, fondatore e presidente dell’FMI (Fondazione
per l’innovazione in medicina) e la sua definizione è “studio di alimenti che
hanno una funzione benefica sulla salute umana”. Stiamo parlando della
nutraceutica, una parola quindi relativamente nuova e che suona ancora
abbastanza sconosciuta.
Ma che cosa è esattamente la nutraceutica?
“Il termine deriva dall’abbinamento di due parole – risponde Paolo Fantinati,
medico veterinario nutrizionista – nutrizione e farmacia. Se dovessi spiegare
a un allevatore di cosa stiamo parlando partirei proprio dalle sue vacche.
Ad esse infatti lui fornisce un’alimentazione a base di materie prime che
garantisca la necessaria energia per crescere, ma dà anche vitamine
e oligominerali per assicurare un buono stato di salute. Non solo. Per
aumentare la produzione, in questo caso il latte, somministra degli additivi
che però restano nell’organismo dell’animale. Ebbene, modificando la
razione alimentare delle bovine, ad esempio aggiungendo selenio, omega
3 o vitamina D nelle proporzioni consentite, attraverso i processi digestivi e
metabolici questi elementi arricchiscono il latte che, come dimostrano le più
recenti evidenze scientifiche, sono molto importanti per la salute umana, a
cominciare dalle loro proprietà antitumorali”.
Parliamo di qualcosa di molto innovativo quindi.
“Certamente. Prima di tutto perché gli alimenti funzionali all’uomo, perché di
questo stiamo parlando, stanno attirando una grande attenzione e poi perché
lo stesso concetto di alimento funzionale si sposa con la moderna esigenza
del consumatore che vuole alimenti sani, organoletticamente ineccepibili e
prodotti con animali che vivono in condizioni di benessere. Ma anche perché
mai, fino ad ora, si era pensato alla qualità dell’alimento ottenuto dagli animali
come strumento funzionale alla salute umana in quanto veicolo di sostanze
benefiche. La zootecnica, infatti, da sempre è centrata sulla produttività o
sulla qualità finalizzata alla durata e/o alla resa”.
Quali sono i benefici che può portare la nutraceutica in termini di salute
e produttività delle vacche?
“La supplementazione di selenio in forma biodisponibile nella razione può
arricchire il latte e prevenire numerose malattia sia nella bovina che nel vitello.
Gli omega 3, altro esempio, arricchiscono il latte e aumentano la fertilità degli
animali”. Naturalmente questo implica anche un migliore prodotto che arriva al
consumatore, che oltre ad avere la garanzia di un prodotto eccellente e sicuro
come il latte italiano, ora avrebbe anche la possibilità di acquistare un prodotto
più ricco dal punto di vista nutrizionale.
Qual è l’approccio degli allevatori italiani a quella che potremmo definire
una vera e propria nuova frontiera?
“Credo che il loro livello di informazione su questo tema sia purtroppo molto
scarso – sottolinea ancora Fantinati – Le variazioni e/o le supplementazioni
alla dieta delle bovine allevate hanno un costo significativo che, soprattutto

di questi tempi, il settore primario non si può permettere. Credo che invece
dovrebbe essere l’industria alimentare o ancora meglio le istituzioni a farsi in
qualche modo carico di questa opportunità che attraverso l’interessamento dei
medici di base potrebbe coinvolgere di più anche il consumatore”.
Cosa intende per costi significativi?
“Una supplementazione di Omega 3 nella dieta di una bovina da latte può
costare in media 0,60euro/giorno che si traduce in un aumento del costo,
per produrre un litro di latte, di 0,02euro. Con quotazioni che oggi oscillano
intorno a 0,38/euro/litro rispetto agli 0,42 dello scorso anno è evidente che la
lievitazione del costo, per gli allevatori, avrebbe un peso non indifferente”.
Esistono Paesi, in Europa, dove il tema della nutraceutica si sta già
affrontando con maggiore convinzione?
“Sì – conclude Fantinati – la Francia e i paesi del Nord, Svezia, Finlandia
e Norvegia, stanno dimostrando un interesse e una ricettività molto
costruttivi. E’ auspicabile, a mio avviso, che questo possa avvenire in tempi
ragionevolmente brevi anche in Italia”.

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